Verso una leadership generativa

21 febbraio 2020.

Perché questa data? Perché segna uno spartiacque. È il giorno in cui abbiamo ricevuto la notizia del primo caso accertato di covid in Italia.

Da quel momento nulla è stato più come prima.

Il lockdown e i provvedimenti restrittivi che, a fasi alterne, si sono susseguiti hanno trasformato il nostro Paese in un grande e caotico laboratorio. Il lavoro da remoto, prima appannaggio di un ristretto gruppo di organizzazioni, è diventato la quotidianità per la maggior parte dei lavoratori.

Complice il coronavirus, il benessere organizzativo è entrato quindi – attraverso la porta del lavoro da remoto – nel discorso pubblico. E poi, per necessità, ha fatto irruzione nella pratica. Così, da un giorno all’altro.

L’emergenza che stiamo vivendo porta in superficie il meglio e il peggio di noi. Tutte le crisi lo fanno. È un cigno nero, per citare la nota metafora di Nassim Nicholas Taleb, che tra le sue piume nasconde molte minacce e, insieme, alcune preziose opportunità.

Le sfide e gli interrogativi che il covid pone sono tanti. E chiamano tutti noi a connetterci, con noi stessi innanzitutto, e con l’eco-sistema nel quale viviamo poi, per intercettare e nutrire il futuro (o i possibili futuri) che sta emergendo dalle crepe che si sono aperte.

In tutti i campi, compreso quello della leadership. E proprio questo è stato il tema del primo appuntamento del 2022 del ciclo di incontri Maps for future.

Leading forward, la leadership che genera futuro

A gennaio ho accolto con grande piacere l’invito di Niuko Innovation & Knowledge, che in collaborazione con Confindustria Vicenza e Skilla, ha organizzato un evento interamente dedicato alla leadership generativa, con un tema e un titolo a cui non ho saputo resistere: Leading forward, la leadership che genera futuro.

A rendere il tutto ancora più ricco di senso, la cornice in cui l’incontro si è tenuto: la giornata mondiale dell’educazione (24 gennaio). Ho condiviso il palco virtuale di Maps for future con un gruppo di colleghe e colleghi esperti che, a partire dalla propria esperienza professionale, hanno osservato la leadership da differenti punti di vista: l’AD di Niuko Marina Pezzoli, il co-fondatore dell’Adriano Olivetti Leadership Institute Stefano Zordan, l’hr consultant ed esperta di intelligenza emotiva Chiara Frigo, l’hr manager di Lago Spa Michele Pan e l’hr manager di Autoware Monica Muraro. Tutti ottimamente moderati dalla giornalista Roberta Voltan.

Quello della leadership generativa è un tema fondamentale per il benessere di aziende e organizzazioni. Un benessere che coincide con quello delle persone che in questi ecosistemi vivono e lavorano.

Senza questa consapevolezza, si va poco lontano. Per questo, insieme a Elisa Bottignolo – con cui condivido l’esperienza di LeadEretici – ho provato ad estrarre qualche “seme”, a proposito di generatività, dai copiosi stimoli emersi dal confronto tra le voci coinvolte.

In fondo all’articolo trovate il video integrale dell’incontro. :)

Leadership connettiva

A dare il la all’incontro, l’AD di Niuko Marina Pezzoli, che ha ricordato come lo scenario in cui abbiamo vissuto negli ultimi due anni sia ben delineato dal noto acronimo VUCA, che fa riferimento a un mondo Volatile, Incerto, Complesso e Ambiguo.

Uno scenario di fronte al quale possiamo stare solo nutrendo la capacità e la volontà di porci domande, di mettere e mettersi in discussione, acquisendo nuove competenze.

La leadership è una di queste. L’ingrediente fondamentale della nuova leadership che si sta configurando è la capacità di porsi in ascolto delle persone, con empatia, per contrastare il disorientamento provocato dalle nuove modalità di vita e lavoro che si sono aperte.

Essere generativi in tutti i contesti della vita quotidiana, lavoro in primis, è diventata un’esigenza imprescindibile delle persone e dei contesti in cui le persone lavorano.

Quella che sta prendendo corpo è una leadership “connettiva”, capace cioè di connettere le persone all’interno e all’esterno delle organizzazioni, creando una relazione costante.

Leadership come “arte della convocazione” e “azione di setaccio”

Citando Peter Block e il suo libro Community. La struttura dell’appartenenza, il co-fondatore dell’Adriano Olivetti Leadership Institute Stefano Zordan definisce la leadership come l’arte della convocazione.

A cosa siamo chiamati? Come persone che esercitano la leadership siamo chiamati a “setacciare” per separarare le cose da conservare da quelle che è bene lasciar andare, selezionando innovazioni da portare all’interno del patrimonio genetico del gruppo o dell’organizzazione in cui operiamo.

Esercitare leadership significa proprio aiutare un gruppo a fare questo (duro) lavoro di ripensamento del DNA, un lavoro di generazione appunto.

Si tratta di un lavoro difficile, che richiede la fatica di mantenere le persone entro la cosiddetta Zona di Disequilibrio Produttivo. Una zona scomoda, che tuttavia è necessaria per l’apprendimento.

Esercitare leadership implica la volontà di accompagnare le persone in territori per loro ancora inesplorati, animati da uno scopo (purpose).

Una situazione che, solitamente, genera paura. Di perdere qualcosa. A seconda della situazione, sono molte le cose che le persone possono temere di perdere. Una perdita (a volte anche solo immaginata) che produce sempre una certa dose di rigetto e opposizione.

Più che ispirare, la leadership apre dunque brecce, per far fuoriuscire il “magma bollente” delle sfide adattive che cercano di emergere.

Esercitare leadership significa in definitiva rendere un sistema (un gruppo o un’organizzazione), attraverso un mix di conservazione e cambiamento, più adatto al contesto in cui vive, consentendogli di prosperare.

Leadership come “azione di disturbo”

E siamo arrivati al mio turno. Chi non avesse la pazienza di leggere può ascoltare la puntata del podcast LeadEretici dedicata al mio intervento.

Ascolta “11 – Diventare LeadEretici. Verso una leadership generativa” su Spreaker.

Ho cercato di rispondere a due domande: 1) perché dovremmo fare la fatica di abbandonare la nostra zona di comfort per abbracciare pratiche di leadership generative? 2) Come si fa a esercitare una leadership generativa?

Partiamo dalla prima. Una risposta al perché un ripensamento della leadership sia necessario l’ho trovata nei numeri: nel mondo il 20% dei lavoratori – in Europa l’11% – si sente coinvolto nel proprio lavoro (fonte: Gallup – State of the global workplace 2021).  Un dato, se letto al contrario, inquietante: significa che nel mondo l’80% delle persone (in Europa l’89%) fatica a trovare un senso nel proprio lavoro e guarda l’orologio sperando che arrivi presto la fine della giornata.

Questa disconnessione, però, non è gratuita: la demotivazione costa infatti, complessivamente, 8,1 trilioni di dollari (il 10% ca. del PIL globale) in termini di produttività bruciata.

I dati a disposizione dicono che le organizzazioni in cui i lavoratori si sentono più coinvolti godono di maggiore redditività, produttività e soddisfazione del cliente più elevate, minori tassi di assenteismo e persino meno incidenti sul lavoro.

Lavoratori demotivati è invece sinonimo di organizzazioni poco resilienti e poco capaci di raggiungere i propri obiettivi.

Avere persone motivate significa, per aziende e organizzazioni, avere un vero e proprio vantaggio competitivo. Sempre fondamentale, ma ancora più necessario oggi, nella fase di crisi che stiamo attraversando. Ecco perché: se la risposta “perché è giusto farlo, a prescindere” non ci basta, vale la pena adottare la leadership generativa perché conviene.

Invertire questa disconnessione (ed ecco la risposta al secondo interrogativo: come si fa?) richiede lo sforzo di passare dalla burocrazia – la struttura sociale in assoluto più diffusa del pianeta – alla “umanocrazia”, per citare il bel libro di Michele Zanini e Gary Hamel, intitolato appunto Humanocracy.

Significa mettere la persona al centro e s-viluppare, ovvero togliere i viluppi al potenziale umano, liberandolo dalle catene che lo imbrigliano.

Esercitare leadership generativa significa quindi prendersi cura delle relazioni (le organizzazioni altro non sono che reti fatte di esseri umani in relazione) e considerare le persone non come bambini da accudire, sorvegliare o punire, ma come adulti a cui dare ascolto e fiducia.

Il mio non è un invito a dare fiducia incondizionata e rimanere a guardare. C’è però un’alternativa più valida del controllo: il “disturbo“. Sì, chi esercita leadership non controlla più ma disturba. La leadership (generativa) è un’”azione di disturbo”.

I sistemi viventi sono per loro natura imprevedibili; proprio per questo un’azione di leadership consapevole può soltanto cercare di creare le condizioni migliori perché si concretizzi lo scenario che immaginiamo possa portare la nostra azienda, o la nostra organizzazione, verso il raggiungimento degli obiettivi stabiliti.

Esercitare leadership significa proprio disturbare un sistema – o, meglio, le persone che ne fanno parte – con un’intensità che sia(no) in grado di tollerare.

A che pro? Per favorire l’apprendimento delle comunità su cui stiamo esercitando la leadership, con l’obiettivo di aiutarle ad evolvere, rendendole più adatte ai contesti in cui vivono.

Leadership che ispira

Per Chiara Frigo, hr consultant ed esperta di intelligenza emotiva, l’operato di chi esercita leadership prende forma e corpo attraverso le esperienze.

Il leader, più che essere perfetto, deve avere il coraggio di guardarsi dentro per generare i cambiamenti necessari.

In questa pratica così delicata, gioca un ruolo determinante l’intelligenza emotiva.

Un leader che nutre la propria intelligenza emotiva agisce da ispiratore poiché è in contatto con i propri punti di forza e con le proprie aree di miglioramento.

È in contatto – non in balia – con le proprie emozioni e con quelle delle persone con cui entra in relazione.

Chi esercita leadership generativa:

  1. Guida le persone a svolgere il proprio compito: è un punto di riferimento e conduce gli attori organizzativi poiché li mobilita, porta alla luce interessi ed energia.
  2. Fa emergere il meglio: il leader crede nelle persone, valorizza il loro potenziale.
  3. Crea una visione e la condivide: incarna e racconta il senso dell’organizzazione, il purpose, attraverso l’esempio quotidiano.
  4. Dialoga da cuore a cuore: utilizza le emozioni nello stare in relazione, stimolando la motivazione.
  5. Sviluppa il pensiero divergente: esce dagli schemi noti, per aumentare il potenziale generativo dei contesti.

Leadership come incontro con l’umano

Il lavoratore è prima di tutto una persona che lavora. La sfida della leadership è contattare non la funzione (il ruolo che la persona ricopre in un’organizzazione) ma il proprietario della funzione (la persona nella sua pienezza).

La pensa così Michele Pan, hr manager di Lago Spa. Le difficoltà che si riscontrano in azienda sono solitamente relazionali e non tecniche. Spesso i capi sono persone che sanno fare in maniera eccellente un determinato lavoro, questo però non sempre equivale ad essere un buon leader e saper condurre una squadra.

La leadership che incontra l’essere umano – e non solo il lavoratore – in Lago Spa si genera a partire da una matrice a più strati rappresentati da tre C.

Tre driver che orientano come una bussola l’agire organizzativo e sostengono le persone all’interno dell’organizzazione:

Cervello (costruire progetti) – Cuore (motivare) – Coraggio (favorire il cambiamento).

Non c’è comprensione dell’Altro se manca la comprensione di Sé.

La leadership generativa favorisce nelle persone che tocca la comprensione del senso del proprio agire.

Un leader generativo ha bisogno di alcune qualità: trasparenza e onestà (con sé stesso in primis), amore (consente di godere della felicità dell’altro per quello che l’altro genera e non per quello che ci dà), e fiducia (lasciare le persone libere di sperimentare).

Leadership come mentoring

A chiudere l’incontro, l’esperienza di Monica Muraro, hr manager di Autoware.

Alle porte delle aziende che lavorano nel settore dell’innovazione tecnologica arrivano molti giovani, che hanno appena terminato gli studi universitari.

Un leader generativo si pone davanti a questa realtà interrogandosi su come vincere la sfida di incarnare una leadership credibile per la Generazione Z, ovvero per i giovani che entrano in azienda pieni di sogni e speranze, oltre che di competenze.

La loro concezione della vita organizzativa è molto legata al valore dell’esempio. E la parte di mentoring diventa quasi più rilevante delle conoscenze possedute.

Questi giovani amano surfare sulla conoscenza, fruiscono velocemente del sapere.

Il leader che i giovani della generazione Z riconoscono non è un mero detentore di conoscenze, ma ha la capacità di essere d’esempio.

La leadership generativa passa attraverso un modo di essere, vive di coaching ed empatia. Punto chiave è l’ascolto attivo che si traduce in competenza relazionale e comunicativa.

GUARDA IL VIDEO DELL’INCONTRO

Autore: Roberto Fioretto

Manager della comunicazione e counselor con il pallino dello s-viluppo (inteso come liberazione dai viluppi che imbrigliano il potenziale) organizzativo. Osservatore appassionato dei sistemi che le persone attivano entrando in relazione. Amo esplorare le culture organizzative e considero come la parte più importante del mio lavoro mettere in contatto le persone (e me stesso) con il loro potenziale più alto. Autore di LeadEretici, il podcast dedicato alla leadership generativa.

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