Identikit del counselor: chi è e cosa fa

Cosa fa esattamente un counselor? Domanda da un milione di dollari!

Ho smesso da un  po’ di contare tutte le volte che me l’hanno fatta. Inizialmente speravo di cavarmela così: “È un professionista che si occupa di counseling”. E immancabilmente, con sguardo perso, l’interlocutore di turno rilanciava: “Ah, capito… cioè?!”. Con questo post raccolgo ufficialmente la sfida; tenterò di dare una risposta convincente.

Premessa: se leggendo la parola counseling nel tuo cervello compare il famigerato messaggio “404 file not found!” :-) , potrebbe esserti utile leggere il post in cui racconto di cosa parliamo quando parliamo di counseling.

Torniamo a bomba: chi è e cosa fa il counselor?

Un professionista dell’ascolto e della comunicazione

Già. Prima di tutto, il counselor è un professionista dell’ASCOLTO.

Il suo compito, secondo uno dei padri fondatori del counseling, è

favorire lo sviluppo e l’utilizzazione delle potenzialità del cliente, aiutandolo a superare eventuali problemi di personalità che gli impediscono di esprimersi pienamente e liberamente nel mondo esterno. (…) Il superamento del problema, la vera trasformazione, comunque, spetta solamente al cliente: il counselor può solo guidarlo, con empatia e rispetto, a ritrovare la libertà di essere se stesso.

(Rollo May)

Il counselor però è anche un esperto di COMUNICAZIONE, in grado di utilizzare con consapevolezza sia il linguaggio verbale sia quello corporeo (aggettivo che, non mi stancherò mai di ripeterlo, preferisco a non verbale).

Attraverso l’ascolto e altre abilità comunicative (N.B: dico altre perché l’ascolto è l’abilità base su cui poggia ogni processo di comunicazione efficace!), il counselor attiva una relazione empatica con il cliente.

L’obiettivo? Renderlo autonomo, mettendolo nelle condizioni di prendere delle decisioni e attuarle nella propria quotidianità.

Counseling e psicoterapia: quali confini?

A questo punto è più che mai importante tracciare dei confini, per evitare di fare confusione, oltre che sconfinamenti “pericolosi”. Se è vero che psicologi e psicoterapeuti con i loro pazienti possono utilizzare gli strumenti del counseling, non è sempre vero il contrario. I counselor non possono – e per legge non devono – in alcun modo sconfinare nel campo della psicoterapia.

A differenza di quanto accade con i pazienti nella psicoterapia, infatti, nel counseling i clienti non devono essere curati ma utilizzano le competenze del counselor per riattivare e/o potenziare capacità che già possiedono.

Il fine è aiutare i clienti a raggiungere obiettivi ben definiti, con modalità e tempi a loro congeniali.

Ho preparato una piccola tabella che spero ti aiuterà a comprendere meglio i confini tra l’ambito della psicoterapia e quello del counseling:

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Se i segnali raccolti attraverso il colloquio indicano la presenza di una patologia, il counselor deve inviare il cliente dallo psicoterapeuta. Se invece sono riconducibili in maniera chiara al mondo conscio e la problematica portata dal cliente è legata principalmente a fattori esterni di normale gestione della vita (e quindi per essere risolta non richiede l’induzione di uno stato di regressione) l’intervento richiesto può essere affidato a un counselor.

Sia chiaro: questo secondo scenario non esclude a priori l’intervento dello psicoterapeuta, diciamo che non è strettamente necessario e il counselor – se adeguatamente preparato – possiede gli strumenti per poter intervenire.

Ricapitolando, quando le situazioni che la persona vive sono soggettivamente (psicologicamente) complicate, siamo senza dubbio nel regno della psicoterapia. Quando invece le situazioni sono complicate per un mix di cause soggettive (incapacità di azione) e cause oggettive (life stress) è possibile intervenire con gli strumenti del counseling.

Ricordati che sei ospite

Man mano che procedo nel mio percorso, rafforzo sempre più una convinzione: non ci si improvvisa professionisti della relazione d’aiuto. Ho sempre diffidato di chi promette di trasformarti in esperto delle umane cose in due weekend.

Quando lavori con una persona che chiede aiuto sei ospite nella sua casa. Cammini con lui o lei (non al posto suo) per aiutarla a prendere coscienza e a riappropriarsi del proprio potenziale. Senza mai pretendere di avere la Verità in tasca. E imparare a far questo richiede un lungo (e faticoso) lavoro di consapevolezza su se stessi, tanto studio, impegno e moltissima pratica.

In gioco c’è il benessere delle persone. E chi ti promette che con una manciata di ore di lezione e un attestato di frequenza diventerai un’infallibile e onnisciente macchina sparaveritá buone per tutte le occasioni è un grandissimo irresponsabile. Io la penso così. E tu?

 

PER APPROFONDIRE

Pio Scilligo, Chi è il counselor: un tentativo di definizione, in La bussola del counselor, CNCP, 2007, pp. 6-29.

Autore: Roberto Fioretto

Manager della comunicazione e counselor con il pallino dello s-viluppo (inteso come liberazione dai viluppi che imbrigliano il potenziale) organizzativo. Osservatore appassionato dei sistemi che le persone attivano entrando in relazione. Amo esplorare le culture organizzative e considero come la parte più importante del mio lavoro mettere in contatto le persone (e me stesso) con il loro potenziale più alto. Autore di LeadEretici, il podcast dedicato alla leadership generativa.

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